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<meta name="description" content="Le Muse Inquietanti, Giorgio de Chirico">
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<meta name="keywords" content="de chirico, metafisica, arte">
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<meta name="author" content="Michele Guerini Rocco">
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<title>Le Muse Inquietanti</title>
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</head>
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<h1>Le Muse Inquietanti</h1>
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<figure>
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<img src="images/muse.jpg" alt="le muse inquietanti"/>
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<figcaption>Giorgio de Chirico 1917, collezione privata, Milano</figcaption>
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</figure>
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Si tratta del capolavoro di de Chirico, una delle opere pittoriche
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più famose ed enigmatiche del '900 italiano.
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De Chirico si trovava in quell'epoca a Ferrara come militare. La
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città lo colpsice moltissimo perché è costruita in stile
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Rinascimentale: perfetta nelle line della sua planimetria e della
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sua archtiettura, soprattutto nella parte ideata e voluta da
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Ercole d'Este (l'addizione erculea) come esempio di città ideale.
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Si trattava a quell'epoca però di una piccola città poco abitata,
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dalle vie silenziose e deserte, dall'aspetto un po' misterioso.
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Questa particolare atmosfera fa da sfondo al dipinto. Il castello,
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la piazza Ariostea, e poi anche due ciminiere, simbolo della modernità
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<figure>
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<img src="images/statue.jpg" alt="statue"/>
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<figcaption>Le tre muse</figcaption>
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</figure>
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Su un impiantito di legno, simile al pavimento di un palco teatrale,
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poggiano le protagoniste dell'opera, le Vergini, le Muse Inquietanti.
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Ritratte in una prospettiva esasperata, quasi di fuga, sono statue
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che hanno perso quasi del tutto la forma umana, ridotte a manichini
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ricuciti da sartoria. A sinistra la prima, di spalle mostra una
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schiena muscolosa: è avvolta in un lungo telo che ricorda una
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colonna ionica le cui scanalature sono però convesse. A destra poco
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lontata, seduta con le braccia conserte, la seconda: ha la testa
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staccata dal corpo e appoggiata alle gambe, somigliante ad un elmo acheo.
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Ai loro piedi oggetti geometrici, forse giocattoli. Nell'ombra a
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destra il movimento congelato di una statua che sembra cercare di
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scendere dal suo piedistallo.
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<figure>
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<img src="images/fughe.jpg" alt="punti di fuga"/>
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<figcaption>Prospettive discordanti</figcaption>
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</figure>
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Lo spaesamento che si prova osservando l'opera è dato attraverso
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l'uso di prospettive volutamente errate e discordanti: i palazzi a
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lato e il piano hanno punti di fuga diversi. La scatola colorata in
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primo piano ha addirittura le linee di fuga dirette verso
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l'osservatore. La pavimentazione su cui poggiano gli oggetti
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nasconde la base degli edifici sullo sfondo facendo perdere loro il
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riferimento spaziale e privandoli di peso. I colori sono accesi come
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quelli dei mattoni della città al tramonto, in forte contrasto con il
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cielo plumbeo e piatto.
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L'opera è muta, silente, onirica. Il tempo è immobile e immaginario:
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in esso convivono elementi di varie epoche storiche, dal Rinascimento
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all'età classica fino all'era moderna. È proprio la mancanza di
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elementi temporali definiti la causa del senso di mistero che l'opera
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suscita nell'osservatore. Protagonista del quadro è l'enigma.
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L'intuizione improvvisa dell'artista, come un lampo, illumina la
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realtà delle cose cogliendone l'essenza al di là delle apparenze,
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l'aspetto metafisico.
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Da una lettera destinata all'amico Carrà, datata 10 Giugno 1919,
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apprendiamo il titolo originale:
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<p> Io lavoro sempre, ho finito un quadro: Le vergini inquietanti </p>
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<div id="confronto">
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<figure>
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<img src="images/1925.jpg" alt="versione 1925"/>
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<figcaption>versione del 1925</figcaption>
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</figure>
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<figure>
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<img src="images/1974.jpg" alt="versione 1974"/>
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<figcaption>versione del 1974</figcaption>
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</figure>
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</div>
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Per l'autore quello di questo quadro ha rappresentato un tema
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ricorrente: durante il corso della sua vita infatti de Chirico
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ne ha realizzate moltissime versioni, bozzetti e disegni. Le più
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importanti sono quelle realizzate nel 1925 e nel 1974.
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A questo proposito scrive Sabina d'Angelosante:
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De Chirico frequenta dunque le sue Muse inquietanti per tutta
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la vita, gioca alle variazioni sul tema.
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Nella versione del 1925 della Galleria Nazionale d'Arte
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Moderna di Roma le differenze rispetto al quadro del 1917-1918
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della collezione Mattioli sono forse appena percettibili in un
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maggiore contrasto cromatico e in un’accentuazione della sinuosità
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di linee della Musa in piedi in primo piano. Nel caso del dipinto
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del 1974 che fa parte della collezione della Fondazione Giorgio
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e Isa de Chirico la differenza più evidente è la scomparsa del
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pavimento a tolda di nave, il caratteristico "palcoscenico"
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inclinato su cui, appunto, l’artista instancabilmente recita
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a soggetto. Una variante che rende le sue Muse ancora più
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sospese, volatili.
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</blockquote>
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<p class="source"> Inquietato dalle muse, Sabina d'Angelosante <p>
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</div>
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<footer>
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<a href="https://github.com/Rnhmjoj">@Rnhmjoj</a>
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